Mercati obbligazionari volatili

Nelle scorse settimane i mercati obbligazionari sono stati colpiti da un'intensa volatilità, causata principalmente da una serie di annunci da parte della Casa Bianca. I nuovi dazi imposti dal presidente Donald Trump, tra cui uno del 25% sulle importazioni da Canada e Messico a partire dal 4 marzo e un'imposta aggiuntiva del 10% su quelle cinesi, hanno creato una certa incertezza sui mercati, accentuata anche dal fatto che alcune di queste misure sono state revocate o rinviate a data da destinarsi. In Europa, gli eventi politici hanno tenuto i mercati con il fiato sospeso: le tanto attese elezioni tedesche sono culminate con la vittoria dei conservatori (CDU) e si prevede che il governo di coalizione introdurrà stimoli fiscali molto significativi (oltre 900 miliardi di euro). Questo evento favorevole per la crescita europea si contrappone al potenziale annuncio di Trump relativo ai dazi sull'UE, che dovrebbe avere un impatto avverso.

Le banche centrali non hanno riservato sorprese nel corso del mese, con i dot plot della Federal Reserve che indicano 2 tagli dei tassi quest'anno e la FED che parla di resilienza economica e inflazione stabile, pur esprimendo preoccupazioni per gli effetti dei dazi. Altrove, il Consiglio direttivo della BCE ha deciso di abbassare i tre tassi di riferimento di 25 punti base, il 6° taglio dei tassi da giugno 2024.

In questo contesto, i rendimenti dei Treasury USA si sono rivelati volatili nel periodo, ma sono nel complesso diminuiti lo scorso mese, concludendo vicini al 4,3% (dal precedente 4,6%), mentre in Europa i tassi sono aumentati in modo sostanziale. Sulla curva tedesca si è in particolare osservato un notevole irripidimento, con il decennale che ha esibito l'ascesa più pronunciata. Grazie al sostegno fiscale e monetario, gli asset rischiosi europei hanno sovraperformato gli omologhi statunitensi. Infatti, nonostante nella classe di asset del credito i rendimenti siano generalmente saliti, sia l'investment grade che l'high yield in euro hanno resistito, favoriti dalla contrazione degli spread.

Nel complesso, il "Trump trade" iniziato a ottobre dello scorso anno si è progressivamente smantellato nel corso di febbraio/marzo e i mercati sono chiaramente nervosi per i futuri annunci di dazi. Questo si aggiunge a un contesto già volatile in cui i rischi politici, geopolitici ed economici sono maturi.

 

Visione tattica positiva sui tassi USA

A febbraio il mercato del lavoro statunitense ha continuato a rallentare gradualmente e i prezzi al consumo e alla produzione sono rimasti invariati. Verso la fine del mese i mercati hanno apparentemente scontato maggiori probabilità di un ulteriore allentamento della Fed, in seguito a una serie di dati economici piuttosto deboli che, sullo sfondo di valutazioni azionarie elevate, hanno sollevato dubbi sulle prospettive degli utili aziendali. Finora, i dati economici hard sembrano denotare una costante resilienza, poiché indicatori come il Non-Farm Payrolls sono rimasti stabili. Le cifre dell'inflazione sono leggermente aumentate e il rapporto ISM manifatturiero sui prezzi delle imprese si è impennato.

Attualmente, il mercato sconta tassi terminali al 3,5% e qualsiasi shock economico (come una potenziale recessione) derivante da dazi statunitensi più elevati avrebbe un impatto significativo su tali tassi. Le sorprese economiche e gli indicatori di fiducia sono in flessione e anche le indagini evidenziano tendenze al ribasso, poiché l'incertezza commerciale sta raggiungendo l'apice e incide sulla fiducia degli investitori. In questo contesto, intravediamo una tendenza al ribasso per i tassi decennali statunitensi e, nell'eventualità di uno scenario di avversione al rischio determinato da un continuo calo dei mercati, assumiamo una visione positiva sui tassi americani che intendiamo gestire in modo tattico.

 

Nell'Eurozona siamo tornati a una visione positiva sulla duration dei tassi

Dopo aver assunto un sovrappeso sulla duration dei tassi in euro, ci siamo tatticamente mossi su una posizione neutrale in vista delle elezioni tedesche e delle crescenti voci sulla necessità di aumentare la spesa per la difesa alla luce del brusco disimpegno statunitense. La scelta ha dato i suoi frutti, sebbene persino noi siamo rimasti sorpresi dalla portata dell'ultimo annuncio tedesco.

Le curve europee dei tassi si sono irripidite in virtù della maggiore necessità di investimenti per la difesa e dell'implicita emissione di titoli sovrani. Gli stimoli fiscali per 900 miliardi promessi dalla Germania sono una misura incisiva e hanno già influito sui mercati dei tassi. Negli ultimi giorni si è assistito a un deciso irripidimento della curva. La parte lunga (con un ampliamento di oltre 50 bps) ha esibito un'ascesa molto maggiore rispetto a quella corta. Di conseguenza, il segmento decennale della curva tedesca (il Bund) ha registrato il rialzo più marcato e, pertanto, su questa parte più lunga è emersa un'opportunità con rendimenti vicini al 3%. A seguito dell'annuncio, infatti, i tassi del decennale tedesco hanno esibito l'incremento più significativo in un solo giorno dalla riunificazione.

A parte il recente taglio dei tassi, la BCE ha tratto sollievo dai dati sull'inflazione di Francia, Italia e Spagna, mentre l'inflazione tedesca è rimasta invariata. Nonostante queste traiettorie divergenti, le pressioni sui prezzi sono sembrate nel complesso recedere e il rallentamento degli stipendi negoziati nel quarto trimestre ha rafforzato la fiducia di un'ulteriore discesa dell'inflazione nel settore dei servizi. Gli economisti della BCE stimano che il tasso di interesse neutrale sia compreso tra l'1,75% e il 2,25% e la precedente guidance indicava che la BCE intendeva raggiungerlo al più tardi entro giugno.

I mercati stanno chiaramente monitorando e aspettando i dazi di Trump sull’ Europa; a nostro parere saranno immediati, con un impatto negativo su una crescita già in decelerazione nell'Eurozona. D'altro canto, il governo tedesco dovrà emettere obbligazioni per finanziare questo forte sostegno fiscale. È probabile che tale emissione eserciti una pressione al rialzo sui tassi a 10 anni. Tuttavia, ci aspettiamo che l'emissione non sia immediata, ma piuttosto distribuita tra il 2026 e il 2028. È quindi improbabile che la pressione al rialzo si materializzi a breve, per cui il mercato potrebbe aver sopravvalutato tale rischio. In questo contesto, la parte lunga (Bund) dovrebbe fornire una pregevole fonte di carry (vicino al 3%) e una potenziale compressione dei rendimenti. Nella seconda settimana di marzo siamo tornati a sovrappesare il Bund tedesco, approfittando del maggiore carry disponibile (in aumento di circa lo 0,5%). Manteniamo il nostro bias di irripidimento, con una posizione short sui tassi trentennali. Tuttavia, riguardo agli stimoli fiscali è importante notare che la situazione non è ancora del tutto definita. Seguiremo molto attentamente il dibattito sugli stimoli e l'eventuale voto per capire cosa succederà (quali concessioni verranno fatte, cosa sarà implementato). Se da un lato ci aspettiamo i dazi di Trump, dall'altro prevediamo molta volatilità e retorica intorno all'evento e quindi puntiamo a essere agili e tattici.

A livello di singoli paesi, manteniamo la nostra visione positiva sulla Spagna, l'unico grande emittente dell'Eurozona con una crescita sostenuta, mentre continuiamo a essere cauti sulla Francia, date le dinamiche fiscali e l'incertezza politica. Abbiamo incassato profitti sulle posizioni in Europa orientale, riducendo l'esposizione ad esempio a Slovenia, Slovacchia e Romania dopo la loro solida performance.

 

Gli spread creditizi sono contratti, ma riteniamo che possano restare tali

I mercati del credito hanno continuato a essere sostenuti da una forte domanda degli investitori e sul mercato primario si sono osservate robuste sottoscrizioni, con poche o nessuna concessione a livello di spread per gran parte delle operazioni. In particolare, le società blue-chip statunitensi (ad esempio T-Mobile, IBM e alcune delle principali banche di Wall Street) hanno raccolto debito in euro, attratte dal minore costo di finanziamento, un hedge naturale per le imprese che non hanno bisogno di convertirlo in dollari, beneficiando al contempo di una diversificazione della base di investitori. Dalla stagione degli utili per il quarto trimestre del 2024 in Europa e (in misura minore) negli Stati Uniti sono emersi risultati eterogenei tra i settori, che sottolineano l'importanza di una selezione oculata degli emittenti in un mercato segnato da spread compressi. Di recente la performance complessiva del credito europeo (sebbene negativa) è stata piuttosto modesta. Negli ultimi giorni (dal 28 febbraio), l'IG in euro ha perso l'1,5%, soprattutto a causa del brusco aumento dei rendimenti sullo sfondo di spread stabili. L'HY in euro ha ceduto circa l'1,0% e anche risentito di un aumento degli spread, ma i rendimenti totali hanno sofferto di meno grazie al carry più elevato.

Gli imminenti dazi di Trump e la già precaria condizione macroeconomica peseranno verosimilmente sui fondamentali del credito e, sul breve termine, spingeranno gli spread verso l'alto. Il sostegno fiscale che la Germania intende introdurre darà più probabilmente i suoi frutti a partire dal 2026 e quindi difficilmente inciderà sugli spread nel 2025. Quanto alle valutazioni, i rendimenti sono migliorati nel segmento IG (e in misura minore nell'HY). Per gli investitori si tratta di un'interessante opportunità di carry. Tuttavia, gli spread si attestano a minimi pluridecennali e sono quindi molto vulnerabili a un rialzo dei tassi. Sul breve termine, i fattori tecnici nell'IG dovrebbero essere ancora ben supportati, in quanto gli investitori continuano a puntare su questa classe di asset di alta qualità, con l'obiettivo di ottenere carry. Nonostante i grandi volumi, le emissioni sono state apparentemente ben assorbite e l'interesse dovrebbe restare intatto. Tuttavia, nell'high yield non solo assistiamo a deflussi da parte degli investitori, ma è anche possibile che le emissioni non abbiano successo e indeboliscano ulteriormente i fattori tecnici.

In questo contesto, riteniamo che l'IG in euro resti una classe di asset solida, contraddistinta da carry e qualità. Tuttavia, nell'immediato futuro prevediamo un impatto negativo dei dazi di Trump e, pertanto, assumiamo tatticamente una posizione neutrale in attesa di validi punti di ingresso. In merito all'High Yield, abbiamo optato per una visione negativa, poiché sia gli spread che i rendimenti possono potenzialmente ampliarsi dagli attuali livelli restrittivi. In ogni caso, rimaniamo selettivi, concentrandoci sulla ricerca bottom-up per cogliere le migliori opportunità che si presentano sui mercati. Monitoriamo da vicino il settore dell'edilizia e dei materiali, prestando anche attenzione ai crediti tedeschi che potrebbero trarre vantaggio dall'odierno contesto.

Il credito statunitense è indubbiamente costoso nella maggior parte dello spettro qualitativo. Tuttavia, nonostante questa valutazione, siamo sicuri nel mantenere un'esposizione neutrale al credito investment grade. Questo in ragione degli elevati rendimenti all-in e della protezione contro eventuali ampliamenti degli spread offerti dal forte carry. Le valutazioni dell'High Yield sono presumibilmente ancora più alte, nonostante si sia osservato un certo ampliamento. I fondamentali permangono discreti, ma tendono a indebolirsi. Tuttavia, i rendimenti elevati e la bassa duration offrono un'ampia protezione. In tale contesto, manteniamo un sottopeso.

 

Valute: posizionamento neutrale sul dollaro USA

Da una posizione positiva sul dollaro, che avevamo attuato rispetto ad alcune valute, ma non dell'euro, siamo tornati alla neutralità. Di recente le sorprese economiche negli Stati Uniti e nell'Eurozona si sono invertite, il differenziale dei tassi si è compresso e il posizionamento short estremo sull'euro si è ridotto. Ciò dovrebbe migliorare la desiderabilità  degli asset in euro e limitare i flussi verso il dollaro.

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