Riflettori puntati sulle banche centrali

Le banche centrali sono intervenute con decisione a settembre; la Federal Reserve ha proceduto a un significativo taglio dei tassi dello 0,5% mentre la BCE li ha ridotti dello 0,25%, proseguendo il suo ciclo di allentamento. I tassi si sono aumentati bruscamente nella prima parte di settembre, poiché il tema della disinflazione e dei tagli è rimasto in auge, mentre nella seconda metà del mese i commenti delle banche centrali e la pubblicazione di ulteriori dati economici si sono tradotti in importanti revisioni delle traiettorie politiche di Fed e BCE.

Nell’ultima riunione la BCE ha tagliato i tassi di 25 punti base, preferendo un'azione progressiva sulla scia della maggiore fiducia nei confronti di un'inflazione che convergerà verso l'obiettivo entro il prossimo anno. Christine Lagarde ha evocato altri due tagli di entità analoga nelle restanti riunioni di quest'anno. Tuttavia, i policymakers hanno sottolineato che le prossime decisioni dipenderanno da se l'inflazione evolverà come previsto, precisando inoltre che è necessaria una certa flessibilità sul ritmo della normalizzazione, in entrambi i sensi, per tenere conto di eventuali variazioni della crescita economica e delle pressioni inflazionistiche. La BCE ha rivisto al ribasso le proprie aspettative di crescita per il 2024 e il 2025, poiché l'economia dell'Eurozona continua a perdere slancio, a causa principalmente della sostanziale debolezza di Francia e Germania. I servizi hanno subito un rallentamento, poiché le famiglie non sembrano più sostenere lo slancio della crescita, mentre il settore manifatturiero è in difficoltà, penalizzato dal calo delle esportazioni.

Sull'altra sponda dell'Atlantico, la Fed ha optato per un'azione decisa e abbassato i tassi di 50 punti base, inducendo i trader a scontare ulteriori riduzioni nonostante Jerome Powell abbia respinto l'ipotesi di tagli persistenti e significativi in futuro. Con l'economia cresciuta a un tasso annualizzato del 3% nel secondo trimestre del 2024 e il mercato del lavoro solo in lieve raffreddamento, la Fed ha avuto il timore di rimanere indietro poiché, stando ai dati, la fiducia dei consumatori statunitensi sembra diminuire rapidamente a causa delle preoccupazioni in merito all'occupazione. La decisione della Fed ha sollevato dubbi sul ciclo economico e la sua dipendenza dai dati implica una maggiore volatilità dei tassi a venire.

Sul fronte corporate, a settembre sono stati accolti circa 80 miliardi di euro di debito, il secondo valore più elevato di sempre (dopo quello del 2019), con gli emittenti che hanno preferito giocare d'anticipo per evitare la volatilità delle elezioni di novembre e approfittare della forte domanda degli investitori. Nel complesso, tuttavia, il mercato del credito resta sostenuto da una forte domanda di reinvestimenti e da nuovi afflussi nei fondi investment grade, poiché i tassi più contenuti delle banche centrali favoriscono il reddito fisso di qualità superiore. Avendo però il mercato già scontato una parte significativa dell'allentamento, l'appetito per la duration è cambiato, con una solida domanda nella parte anteriore della curva.

 

Tassi USA: abbiamo introdotto un lieve sovrappeso

Da una prospettiva strutturale, abbiamo mantenuto una visione positiva sulla duration per tutto l'anno; a livello tattico, abbiamo invece optato per una posizione neutrale a fronte delle persistenti aspettative di tagli. Tuttavia, dopo l'importante rialzo dei rendimenti nelle scorse settimane (oltre 30 pb), abbiamo assunto di nuovo una visione cautamente positiva, considerando il numero di tagli dei tassi scontati (allineati ai dot plot) e il fatto che l'inflazione sembra essere sotto controllo. Ci aspettiamo tagli di 25 pb in ciascuna delle prossime due riunioni della Fed, come previsto dai mercati.

La visione sulla crescita è più equilibrata, poiché il mercato del lavoro sta chiaramente perdendo vigore (nonostante la robusta cifra sull'occupazione non agricola pubblicata di recente), sotto il peso di minori tassi di assunzione e persino accenni a un ciclo di licenziamenti. L'ISM manifatturiero prosegue la sua (seppur modesta) discesa, ma mancano dati allarmanti in quanto l'economia sembra procedere verso un soft landing. In termini di inflazione, osserviamo tendenze al ribasso che puntano verso la disinflazione. Anche i dati sui salari mostrano che l'inflazione sta convergendo verso il 2%. Non riteniamo che i prezzi delle commodity e del petrolio contribuiranno eccessivamente all'inflazione, dato che, nonostante i rischi geopolitici, l'OPEC+ sembra intenzionata ad aumentare l'offerta, il che dovrebbe spingere al ribasso i prezzi.

Le elezioni statunitensi, il cui esito appare ancora molto incerto, sono ovviamente il principale fattore di rischio. La probabilità di una vittoria di Trump e di un Congresso repubblicano sembra remota, ma un simile scenario comporterebbe probabilmente una forte ascesa dei tassi. Pertanto, continuiamo a monitorare attentamente la situazione. Seguiamo da vicino anche il potenziale impatto dell'uragano Milton (in Florida), dove i danni e i piani di evacuazione influiranno verosimilmente sulla crescita e sull'inflazione.

Abbiamo aperto una posizione short sui tassi svedesi rispetto agli omologhi in euro. Quest'anno l'economia svedese ha sottoperformato in termini di crescita, ma molte delle brutte notizie sono già scontate. Sebbene in Svezia la disinflazione sia chiaramente in atto, il calo dell'inflazione nell'Eurozona ha comportato una riduzione del differenziale tra i due mercati. Anche la recente stabilizzazione della corona svedese è un elemento di sostegno su questo fronte. Infine, date le aspettative di tagli di 100 pb nelle prossime tre riunioni e con la Riksbank che ha già abbassato i tassi di 75 pb quest'anno, non intravediamo un rischio significativo di un ciclo più rapido.

 

Manteniamo una visione leggermente positiva sui tassi in euro, incamerando al contempo profitti sulle nostre posizioni short in Francia

Mentre i nostri indicatori value sono passati in territorio neutrale, il ciclo e i fattori tecnici risultano positivi. Riguardo al ciclo economico, ci aspettiamo una nuova contrazione nel terzo trimestre, imputabile alla revisione al ribasso dei PMI e a un mercato del lavoro più debole che lasciano presagire una crescita inferiore. Sul versante inflazionistico, il rallentamento prosegue: l'inflazione primaria è scesa al di sotto del 2% per la prima volta in 3 anni. Anche l'inflazione core è lievemente diminuita e questa dinamica dovrebbe rivelarsi più pronunciata nel 2025, un ulteriore elemento a sostegno della nostra visione positiva sulla duration dell'Eurozona. La BCE continua ad adottare un approccio dipendente dai dati, riunione dopo riunione. I membri della banca centrale segnalano sempre più un taglio dei tassi a ottobre, citando i timori per la crescita e la fiducia in un'inflazione sotto controllo. Tuttavia, non prevediamo che l'istituto si impegni in tal senso, mentre i mercati anticipano riduzioni ad ogni riunione fino a marzo 2025. La dinamica dei flussi è favorevole: molti paesi hanno già emesso circa il 90% del loro fabbisogno annuale ed è probabile che il ritmo dell'offerta rallenti nel quarto trimestre.

In precedenza avevamo assunto una posizione negativa sulla duration francese. Da una prospettiva di valutazione, con gli spread che si sono avvicinati agli 80 pb nel corso di settembre, abbiamo deciso di incamerare tatticamente profitti sul nostro sottopeso. Continuiamo a monitorare le misure di bilancio, nonché la situazione politica, che resta piuttosto fragile, con il paese sotto lo sguardo vigile delle agenzie di rating. Siamo inoltre pronti a reintrodurre una posizione short se i livelli di valutazione/spread dovessero scendere sotto i 70 pb.

Altrove, abbiamo assunto una posizione neutrale sui breakeven in euro, operando prese di profitto sul sottopeso nella nostra strategia inflazionistica. Il carry permane negativo, ma gli altri fattori risultano più contrastanti rispetto al passato.

 

Neutrali sui segmenti IG e HY in euro

Nell'universo del credito in euro, riscontriamo un certo deterioramento dei fondamentali sulla scia di dati macro più deboli, con una dispersione in aumento. Per quanto riguarda il segmento investment grade, manteniamo la nostra visione neutrale, poiché i rendimenti continuano a indurre gli investitori ad affluire in questa classe di asset. I fondamentali si confermano resilienti, ma osserviamo aree di debolezza, come il settore automobilistico, in forte difficoltà. Considerando l'alto rischio geopolitico e le imminenti elezioni statunitensi, riteniamo che, a livello tattico, sia necessario agire con cautela in una asset class che continuiamo comunque a privilegiare sul lungo termine.

A fronte di spread piuttosto contenuti, manteniamo un giudizio neutrale sull'high yield in euro, anche se a nostro avviso è da preferire all'omologo statunitense. Nonostante un'elevata qualità complessiva, i rendimenti sono in netto calo e risultano meno allettanti per gli investitori.

 

Puntiamo su un apprezzamento di dollaro e yen giapponese

Preferiamo sempre una posizione long sul dollaro; l'economia statunitense continua infatti a sorprendere al rialzo e il biglietto verde dovrebbe fungere da copertura contro una potenziale vittoria di Trump alle elezioni americane. L'USD sta già risalendo a ottobre. Intendiamo mantenere la posizione long sull'USD rispetto a EUR e CHF, i cui dati macro e inflazionistici sono peggiori.

Continuiamo inoltre a privilegiare lo Yen (rispetto all'euro) in quanto, sullo sfondo di un ciclo di allentamento globale, sembra essere a buon mercato (con rendimenti più contenuti) e la valuta resta una copertura contro le tensioni geopolitiche. Inoltre, la stretta monetaria in Giappone non sembra essere giunta al termine, con una certa probabilità di ulteriori rialzi dei tassi.

 

Mercati emergenti: visione neutrale in attesa di catalizzatori

I titoli sovrani in valuta forte dei mercati emergenti hanno attraversato un periodo volatile, con gli spread attualmente a livelli piuttosto contratti, anche se il carry è abbastanza elevato. Pertanto, manteniamo una posizione neutrale nonostante i solidi fondamentali in termini di quadro macro e soprattutto il ciclo di allentamento negli Stati Uniti in cui stiamo entrando. Alla luce delle elezioni statunitensi e della volatilità derivante, riteniamo che questo approccio neutrale verso questa asset class sia prudente. In modo analogo, intravediamo robusti fondamentali per i corporate dei mercati emergenti (migliori di quelli nella maggior parte dei mercati sviluppati) controbilanciati, ancora una volta, da valutazioni elevate.

Nell'universo in valuta locale, potrebbero affiorare dinamiche legate al ciclo di allentamento globale suscettibili di favorire il segmento, ma preferiamo attendere maggiore chiarezza e catalizzatori più evidenti, con i rischi per il dollaro e i tassi come elementi primari da monitorare.

I recenti stimoli fiscali in Cina non sono passati inosservati e, nella loro forma attuale, dovrebbero rappresentare l'1% del PIL. Tuttavia, mancano i dettagli sulle modalità di attuazione, essenziali per determinare quanto duraturo e incisivo sarà il loro impatto sulla fiducia dei consumatori. Problemi strutturali come l'invecchiamento della popolazione, la fiducia dei consumatori, l'alto tasso di disoccupazione giovanile (~25%) e un fragile sistema previdenziale richiederanno qualcosa in più di un semplice allentamento della banca centrale e di interventi fiscali isolati. Manteniamo una posizione short sui tassi locali e sulla valuta.

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