
Come trarre vantaggio delle inefficienze create dai gestori indicizzati

Qual è la prima constatazione che vi ha stimolato ad elaborare una strategia Index Arbitrage nel 2003?
Fin dal 2003, avevamo constatato che la gestione indicizzata acquistava un grande slancio e questa tendenza osservata da allora non si è mai smettata di allora. Oggi, in media, nei grandi mercati sviluppati sui quali ci siamo concentrati, l'importanza della gestione indicizzata è passata da circa il 10% al 30% della capitalizzazione di borsa. Essa è stata trainata, in particolare, dai fondi pensione, che allocano così capitali sulle diverse classi di attivi, a un costo minore. In questa prospettiva, eravamo convinti che arbitrare i riadeguamenti basati su un indice, prendere posizioni sui valori che fuoriuscivano dagli indici (alla vendita) o vi rientrano (all'acquisto), in occasione dei ribilanciamenti trimestrali, avrebbe offerto opportunità interessanti di rendimento.
Come si è evoluto il potenziale di questa strategia nel corso degli ultimi anni?
I volumi dedicati all'Index Arbitrage sono aumentati nel corso degli ultimi dieci anni, seguendo così il forte sviluppo della gestione indicizzata. Il nostro mestiere è di fornire liquidità ai gestori indicizzati, i quali sono tenuti a ripetere questi riadeguamenti mediante l'acquisto dei titoli in entrata e la vendita dei titoli in uscita dall'indice. Queste transazioni generano volumi aggiuntivi importanti sui valori interessati, provocando inefficienze di prezzo. L'entrata di un titolo sull'S&P 500 può generare un flusso d'investimento nell'ordine di 10 miliardi di dollari e nell'ordine di un miliardo sull'Euro Stoxx 50. Questo universo offre così un mercato di grande profondità. Tuttavia, la nostra strategia consiste nel dedicare soltanto il 30% degli averi[1] all'arbitraggio, essendo il resto del portafoglio composto da attivi di tesoreria. In questo modo riusciamo a gestire perfettamente alcune centinaia di milioni di Euro per mantenere buoni margini di manovra, ma desideriamo conservare un ragionevole importo investito, al fine di garantire una redditività soddisfacente.
Avete voluto aggiungere progressivamente altre strategie a quella Index Arbitrage, la vostra strategia core storica. Perché queste diversificazioni?
Abbiamo effettivamente implementato strategie di arbitraggio sulle operazioni inerenti ai titoli, nonché di valori relativi. Il nostro intervento combinava sin dall'inizio un'analisi quantitativa e un'analisi qualitativa. Un approccio puramente qualitativo, fondato su colloqui con il management delle società, che permette di apprezzare a fondo il loro modello di sviluppo. Invece, un modello quantitativo ottimizzato grazie a molteplici parametri, consente di utilizzare una moltitudine di dati, ma non offre la stessa possibilità di comprendere la vita di un'impresa. Di fatto, in parallelo rispetto al back-testing quantitativo, cerchiamo ugualmente di apprendere a fondo le condizioni dei riadeguamenti indicizzati. Ora, essi sono spesso dovuti a operazioni relative ai titoli (fusioni-acquisizioni, quotazioni in Borsa, scissioni, fallimenti...) che comportano flussi meccanici (di acquisto o di vendita) di vasta portata. È utile comprendere come funzionano queste operazioni relative ai titoli e, quindi, come trarne vantaggio. Un acquisto di titoli (OPE) dà luogo, ad esempio, ad arbitraggi fra il target e l'acquirente in funzione dei termini dello scambio: esso viene definito in "fair value" fondato sulla probabilità che lo scambio giunga a compimento. L'arbitraggio sulle operazioni relativa ai titoli, che implica l'identificazione dei titoli il cui prezzo subirà l'impatto di un particolare evento, è dunque un'evoluzione naturale.
D'altro canto, un'evoluzione altrettanto naturale è consistita nell'interessarsi al valore relativo, attraverso il cosiddetto "pair trading", ovvero l'arbitraggio fra due imprese che svolgono la stessa attività, mediante una posizione di ribasso (bear position) che porta a vendere, compensata da una posizione allo scoperto (bull position), che porta ad acquistare, allo scopo di rimanere neutri nei confronti del mercato (market neutral). L'obiettivo è così quello di trarre vantaggio da un ritorno alla media dei due attivi con una stretta correlazione. La nostra osservazione delle entrate e delle uscite dei valori dagli indici, oltre che dei momenti nei quali si producono questi movimenti, ci offre ottime indicazioni in merito alle tendenze che influenzano i vari settori e le varie imprese, consentendoci di implementare progressivamente questa strategia.
Che cosa distingue il vostro approccio da quello dei gestori di hedge fund, che operano sulle stesse strategie?
Con le modifiche normative, i conti propri delle banche sono stati leggermente ridotti, ma gli arbitraggisti sono entrati nell’universo degli hedge funds, e anche i volumi si sono mantenuti. In questo universo hedge fund, alcuni basano la loro performance su arbitraggi con un margine debole, drogati da un effetto leva. Noi non ci uniformiamo a questo universo. Da parte nostra, privilegiamo la liquidità quotidiana, in un quadro Ucits, con una volatilità debole. L’obiettivo è quello di realizzare una performance assoluta superiore all’Eonia. Per fare questo, combiniamo investimento monetario a breve termine (fino a circa il 70%[1] dell’attivo del portafoglio), ad un investimento attivo, composto da strategie d’arbitraggio discrezionale relative alle azioni e agli indici. Abbiamo soprattutto un’esposizione neutra nei confronti dei mercati azionari, e non subiamo, pertanto, l’influenza dell’ambiente di mercato, poiché le nostre posizioni a lungo e a breve[2] termine presentano ponderazioni equivalenti, di circa il 20%[3]: l’esposizione netta al mercato non può superare il 10%[4] e, fin dall’origine, essa è stata spesso inferiore all’1%[5]. Infine, il portafoglio è molto diversificato, poiché la dimensione di ciascuna delle singole posizioni è generalmente inferiore all’1%[6].
Come trarre vantaggio delle inefficienze create dai gestori indicizzati

Grégoire Thomas, Head of Equity Market Neutral, ci spiega come la forte crescita del mercato della gestione indicizzata può creare opportunità di investimento per i gestori che riescono a sfruttare le inefficienze temporanee del mercato.
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[3] Una posizione lunga corrisponde a una posizione lunga, perché scommettiamo sull’apprezzamento del valore dell’azione. Una posizione corta deve essere corta perché ti aspetti che il prezzo scenda in futuro.
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