Il 2025 sarà l’anno della riduzione del debito?

Il continuo aumento dei deficit e del rapporto debito/PIL ha reso il debito pubblico un tema centrale della stampa finanziaria.

Tuttavia, a seguito delle elezioni in Europa e dell’apertura delle procedure dell’Unione Europea per i deficit eccessivi, il tema, trascurato dai governi passati, sta tornando al centro del dibattito politico. Nel 2025, infatti, la questione del riequilibrio fiscale nei paesi sviluppati non potrà essere evitata.

 

Una situazione senza precedenti

Dalla creazione dell’Eurozona, tre grandi crisi hanno da sole rappresentato il 35% dell’aumento del debito pubblico europeo, che alla fine del 2023 ammontava a 13.800 miliardi di euro.

Tuttavia, sebbene il deficit medio abbia oscillato tra il -0,5% e il -2%, escludendo i periodi di crisi (finanziaria, pandemia e iperinflazione), esso è esploso a una media del 3,5% del PIL nel 2023. Undici paesi – tra cui Belgio e Francia – hanno superato significativamente la soglia del 3%. Nel 2024 i rispettivi deficit di questi due paesi potrebbero, ad esempio, raggiungere il 4,9% e il 6%, un livello mai raggiunto dal dopoguerra, crisi escluse.

 Come si spiegano questi deficit? E come si può contenere il debito pubblico, che deve essere controllato in assenza di una crisi strutturale?

 

2025 

Secondo l’equazione della sostenibilità del debito, è complicato immaginare come i tre fattori strutturali che consentono di ridurre il debito pubblico possano risolvere questa situazione.

  1. Inflazione. Nel 2023, l’iperinflazione dell’8% ha riportato temporaneamente il debito sotto controllo. Nel 2025, l'inflazione prevista si avvicinerà al 2,0%, insufficiente per erodere il rapporto debito pubblico/PIL.
  2. Il costo del debito. Il forte calo dei tassi tra il 2010 e il 2020 ha consentito agli Stati di allungare la duration del debito, passando da 6,7 anni a 7,9 anni ad un tasso medio del 2,65%. Nel 2025, nonostante l’annunciata riduzione dei tassi di riferimento, il costo del debito sarà in media del 2,25%, il che non consentirà di contenere il debito.
  3. Il deficit. I governi hanno sempre la possibilità di ridurre le proprie spese o aumentare le proprie entrate. La spesa media è aumentata in tutta Europa, soprattutto per effetto dell’invecchiamento della popolazione, che grava sui deficit. Le entrate dipenderanno principalmente dalle prospettive di crescita, che saranno deboli, vicine all'1%. In queste condizioni, il dibattito sulla tassazione dovrebbe essere centrale. Con un’aliquota media dell’imposta sulle società del 21,3%, l’UE potrebbe stringere la vite su imprese e famiglie, causando però un impatto sui consumi. Sarà complicato ridurre un tale deficit senza incidere ulteriormente sulle prospettive di crescita, il che potrebbe alla fine diventare controproducente: ricordiamo qui l'effetto negativo dell'austerità e delle severe riforme sul rapporto debito/Pil in Grecia.

 

I jolly

Negli ultimi vent’anni, l’Unione europea è riuscita tuttavia ad aggirare questa stessa equazione irrisolvibile, utilizzando due jolly che hanno saputo rassicurare i mercati finanziari.

  1. Un intervento delle banche centrali. La BCE ha tirato fuori più volte il “bazooka monetario”. Dal lancio del programma di quantitative easing nel 2015, ha acquistato non meno di 4.200 miliardi di euro, pari al 60% del debito pubblico, mantenendo sotto controllo il costo del debito.
  2. Mutualizzazione del debito. Doveva essere il « punto di svolta » europeo. In risposta alla crisi dovuta al covid, la zona euro ha lanciato un programma di debito comune attraverso il piano Next Generation EU, che dovrebbe superare i 700 miliardi di euro entro il 2026.  Un tale programma può essere rinnovato a breve termine? Sembra improbabile.

Questi due jolly hanno rafforzato significativamente l’affidabilità creditizia dell’Europa e la sua credibilità di fronte al rischio sistemico.  Tuttavia, senza una grande crisi all'orizzonte, sembra improbabile che le autorità fiscali, sotto la pressione dei movimenti populisti e delle autorità monetarie, facciano ricorso a questi strumenti.

 

Risk Premium

Le crisi del debito non accadono da sole. Nel 2010, il deficit medio europeo del 6,3% ha creato una crisi senza precedenti. Cosa accadrà se il deficit della Francia supererà il 6%?

Gli spread dei paesi centrali della zona euro si stanno lentamente ma inesorabilmente allargando.

Negli ultimi 5 anni, lo spread della Francia è stato in media di 42 punti base.  Ora è allo stesso livello della Spagna, a 78 punti base, avvicinandosi ai livelli di debito della Grecia, un tempo considerata il malato d'Europa. Se i nuovi governi non dovessero attuare riforme strutturali, questo spread potrebbe continuare ad allargarsi, creando condizioni finanziarie delicate per il settore privato. 

Anche se l’Europa non è sola nell’affrontare questa grande sfida (Stati Uniti, Giappone, ecc.), la questione del debito pubblico sta diventando centrale nei dibattiti politici ed economici. Gli investitori obbligazionari dovranno essere estremamente vigili nel 2025.

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