Realtà post-elettorali

I risultati delle elezioni americane avuto un impatto significativo sui mercati finanziari. La vittoria di Donald Trump, insiemee alla maggioranza repubblicana al Congresso, ha alimentato le aspettative di tagli fiscali, deregolamentazione, una politica fiscale espansiva e un approccio più rigoroso alla politica commerciale. Questo ottimismo si è tradotto, a novembre, in una solida performance delle azioni statunitensi, in particolare le small cap. All'indomani delle elezioni, l'annuncio di nuovi dazi da parte di Donald Trump ha suscitato reazioni negative su scala globale, anche nei mercati emergenti, che hanno sottoperformato rispetto a quelli sviluppati. Sul fronte europeo, gli eventi politici in Francia e Germania, soprattutto in merito ai bilanci pubblici, hanno pesato sulle azioni dell'Eurozona. Negli ultimi tempi, le differenze tra le performance regionali si sono stabilizzate e i mercati attendono l'insediamento ufficiale e le prime decisioni del nuovo presidente. La nostra strategia alla fine dell'anno è semplice: manteniamo un sovrappeso sulla componente azionaria, con una preferenza per le azioni statunitensi. Per quanto riguarda gli asset europei, prevediamo un potenziale di crescita nel segmento del fixed income. In questo contesto, adottiamo una visione positiva sulle obbligazioni europee core e negativa sulla duration statunitense, poiché nel 2025 la divergenza delle politiche monetarie potrebbe favorire i rendimenti.

 

Le azioni americane al primo posto

A novembre abbiamo adeguato il nostro posizionamento azionario in base ai potenziali cambiamenti di politica della nuova amministrazione Trump. A dicembre, abbiamo confermato le scelte regionali e rettificato leggermente le esposizioni settoriali:

  • presentiamo un sovrappeso sulle azioni statunitensi, il mercato generale, tra cui small cap e settori che dovrebbero beneficiare di una crescita del PIL più elevata e delle politiche di stimolo. I titoli finanziari dovrebbero trarre vantaggio dalla deregulation, con le banche che rappresentano il 20% dell'indice delle piccole capitalizzazioni, mentre ci aspettiamo una sovraperformance di software e servizi.
  • Presentiamo invece un sottopeso sulle azioni dell'EMU, alle prese con una crescita stagnante, sfide politiche interne e vulnerabilità alle politiche commerciali della futura amministrazione statunitense. Riguardo alle azioni paneuropee, abbiamo una visione neutrale sui titoli del Regno Unito.
  • Infine, in merito ai mercati emergenti, sebbene l'esito delle elezioni statunitensi abbiano posto sfide legate agli impatti valutari e tensioni commerciali, manteniamo la nostra posizione.Intravediamo un rischio di rialzo asimmetrico per le azioni cinesi. Siamo in attesa di maggiore chiarezza da parte delle autorità locali e di potenziali nuove misure di sostegno per il completamento di abitazioni e la fiducia dei consumatori. Ci aspettiamo infatti che il paese contrasti le forze deflazionistiche interne e reagisca ai dazi commerciali esterni.

In sintesi, il nostro posizionamento riflette una preferenza per le azioni statunitensi, mantenendo al contempo una certa flessibilità sui mercati emergenti. È interessante notare che le azioni delle large cap, comprese nell'indice S&P500, generano il 60% dei loro ricavi negli Stati Uniti, mentre le small cap nel listino S&P600 Small sono ancora più orientate al mercato interno, da cui deriva l'80% dei loro ricavi.

Il prossimo anno l'economia statunitense dovrebbe sovraperformare a livello globale, sostenuta dai tagli fiscali, dalla deregolamentazione e dalle politiche fiscali proposte dall'amministrazione Trump. In base alle nostre recenti previsioni, la crescita del PIL statunitense dovrebbe attestarsi al 2,6% nel 2025, con un'inflazione in discesa intorno al 3,3%. Tuttavia, i dazi, in particolare nei confronti della Cina, potrebbero determinare un aumento dei prezzi al consumo e ridurre la crescita del PIL dello 0,7% negli Stati Uniti, qualora siano attuati in maniera troppo aggressiva.

Stando alle stime del consenso, questo si ripercuoterà favorevolmente sulla crescita degli utili delle imprese americane. A differenza degli ultimi due anni, la stragrande maggioranza dei titoli statunitensi tornerà a esibire una crescita degli utili a livello aggregato, un privilegio fin’ora limitato ai titoli più dinamici e orientati alla tecnologia, i cosiddetti "Magnifici sette". Di conseguenza, la prevista contrazione del differenziale di crescita degli utili, dovrebbe sostenere l'intero mercato azionario statunitense.

 

Le incertezze commerciali sono già aumentate notevolmente

L'economia cinese dovrebbe crescere a un ritmo più lento nei prossimi anni, con una flessione del PIL attesa al 4,3% nel 2025. Sebbene il governo cinese abbia annunciato misure di stimolo, tra cui investimenti infrastrutturali e allentamento monetario, tali interventi non sono stati finora sufficienti a contrastare le persistenti pressioni deflazionistiche. Il PMI manifatturiero del paese ha mostrato segni di miglioramento, ma il settore dei servizi permane debole, il che denota difficoltà più ampie nella transizione verso un'economia maggiormente orientata ai consumi.

Gli investimenti immobiliari, uno dei principali motori della crescita cinese negli scorsi anni, restano sotto pressione. Sebbene le vendite di abitazioni sembrino essere in ripresa, gli investimenti immobiliari generali continuano a pesare sulla performance economica. Poiché l'inflazione si mantiene contenuta e la debolezza della domanda interna persiste, la Cina potrebbe essere costretta ad annunciare ulteriori misure di stimolo per evitare un rallentamento più significativo. Le autorità cinesi continueranno verosimilmente a privilegiare il sostegno ai settori industriali, mentre la crescita dei consumi rimane limitata a causa della scarsa fiducia dei consumatori e dell'elevato indebitamento delle famiglie.

Il supporto ai settori interni cinesi sarà fondamentale, poiché il commercio estero risentirà probabilmente della nuova amministrazione statunitense. Il Politburo ha annunciato una serie di misure anticicliche, ma finora si conosce poco sull'entità e la composizione del sostegno fiscale. Nel frattempo, la Cina ha svelato un programma di swap sul debito da 10 mila miliardi di yuan per alleviare le difficoltà di finanziamento delle amministrazioni locali. Questo programma dovrebbe ridurre gli oneri per interessi di circa 500 miliardi di yuan nei prossimi cinque anni, contribuendo così a mitigare le tensioni fiscali delle amministrazioni locali e a liberare risorse per rilanciare la crescita.Tuttavia, non riteniamo che rappresenterà una svolta per l'attività nazionale.

Oltre alle sfide interne, l'incertezza commerciale globale è aumentata notevolmente in seguito all'elezione di Donald Trump: abbiamo osservato il balzo più significativo dal 1960.

 

L'indebolimento dello yuan al secondo posto

Se gli Stati Uniti dovessero incrementare i dazi, sarebbe plausibile che i partner commerciali, in particolare la Cina, adottino delle ritorsioni. Tra le potenziali misure vi è la svalutazione dello yuan cinese (CNY). Riducendo il valore della sua valuta, la Cina può compensare l'impatto dei dazi sulle esportazioni, rendendo i propri prodotti più competitivi sui mercati internazionali.

La svalutazione del CNY in corso nel quarto trimestre ha implicazioni più ampie per l'economia globale. Questa tendenza ha già causato una maggiore volatilità sui mercati valutari, potrebbe influire sulle bilance commerciali se la debolezza persiste e incidere sulla redditività delle multinazionali esposte alla Cina. Inoltre, un CNY più debole può contribuire alle pressioni disinflazionistiche globali, poiché dei beni cinesi più economici riducono i livelli generali dei prezzi. Durante il primo mandato di Donald Trump come presidente degli Stati Uniti, le autorità cinesi avevano già adottato questa strategia per rispondere agli aumenti dei dazi statunitensi, e di recente, hanno confermato l'uso di tale strumento nel caso in cui venissero imposti nuovi dazi sulle merci nazionali.

Naturalmente, memori del primo mandato, gli investitori e il team di Donald Trump sono consapevoli della risposta data all'epoca dalla Cina per contrastare gli aumenti dei dazi statunitensi. Le nomine per la prossima amministrazione e il fatto che il presidente eletto Donald Trump abbia invitato Xi Jinping a partecipare al suo insediamento il 20 gennaio, potrebbero indicare che, almeno nel primo giorno, la Cina potrebbe evitare nuovi dazi. A lungo termine, l'agenda degli Stati Uniti per le relazioni economiche con la Cina sembra essere improntata a un disaccoppiamento nei settori sensibili. Su questo punto sono improbabili passi indietro o margini di negoziazione.

 

Monitorare le pressioni sulla supply chain resta fondamentale per le future politiche monetarie

Dalla prospettiva di un investitore fixed income, il fatto che la Cina sia una fonte globale di disinflazione, rappresenta una buona notizia. Le pressioni sulla supply chain globale risultano attualmente sotto controllo, con la Cina che svolge un ruolo chiave. Il ruolo della Cina nella supply chain mondiale è significativo, poiché è un importante produttore di beni intermedi e componenti utilizzati nei processi manifatturieri di tutto il mondo. Gli investitori sono sensibili a tale aspetto, all'origine della spinta inflazionistica all'inizio di questo decennio.

Come cinque anni fa con l'inizio della pandemia, un aumento dei dazi rappresenterebbe un granello di sabbia nel meccanismo del commercio globale. In base ai tempi, alle dimensioni e alle potenziali ritorsioni in uno scenario di guerra commerciale, gli investitori e i decisori politici delle banche centrali valuteranno l'impatto di questa dinamica sul regolare funzionamento del commercio mondiale.

Sebbene l'incertezza commerciale sia già aumentata e sia probabile un aumento dei dazi, la buona notizia è che al momento non si registrano tensioni significative nella supply chain globale. Nei prossimi mesi continueremo a monitorare da vicino questo aspetto, per ottenere indicazioni utili a stimare la funzione di reazione delle banche centrali.

 

Tagliando i tassi, la BCE potrebbe fornire un supporto all'Europa

I tassi di interesse delle banche centrali previsti dal mercato per il mese di luglio 2025 mostrano un ampliamento del differenziale tra la Federal Reserve (Fed) e la Banca centrale europea (BCE) che dovrebbe superare i 200 punti base (da 140). Questo ampliamento riflette già i percorsi di politica monetaria divergenti delle due banche centrali. Da un lato, si prevede che la Fed sospenda il suo ciclo di allentamento, mantenendo i tassi di interesse a un certo livello per contrastare l'inflazione. Dall'altro, la BCE manterrà presumibilmente un approccio più accomodante per sostenere la crescita economica nell'Eurozona.

 Questa divergenza avrà un impatto significativo sui mercati valutari, con il dollaro USA che dovrebbe rafforzarsi rispetto all'euro. Ma il presidente eletto degli Stati Uniti Donald Trump vuole evitare un apprezzamento della sua valuta. La divergenza a livello di politica monetaria tra le due sponde dell'Atlantico potrebbe incidere sulle bilance commerciali e sui flussi di capitale tra gli Stati Uniti e l'Europa, oltre a rappresentare un motivo di tensione tra le due regioni.

 Nonostante l’incertezza politica sia già aumentata in modo significativo, una valuta più debole e un policy mix più accomodante potrebbero rivelarsi una buona sorpresa per gli investitori europei. Nell'attuale congiuntura, anticipiamo una sovraperformance dell'economia statunitense, sospinta dalle politiche di reflazione, mentre l'Europa sarà alle prese con le sfide poste in particolare da una crescita contenuta, dalle incertezze commerciali e dall'instabilità politica. Alla luce di questi elementi, preferiamo una duration lunga attraverso obbligazioni sovrane dell'Europa core.

Alla fine del 2024 ci aspettiamo che i mercati azionari globali proseguano la loro ascesa, trainati dal più ampio universo azionario statunitense. I mercati emergenti e l'Eurozona potrebbero continuare a soffrire, sotto il peso delle crescenti tensioni commerciali e incertezze economiche

Convinzioni e view di Candriam

La tabella seguente è un indicatore delle principali esposizioni edei principali moveimenti all'interno di un modello di portafoglio diversificato bilanciato.
Legenda
  • Fortemente positiva
  • Positiva
  • Neutrale
  • Negativa
  • Fortemente negativa
  • Nessuna variazione
  • Esposizione ridotta
  • Esposizione aumentata
Posizionamento (orientamento attuale) Variazione
Azioni globali
Stati Uniti
EMU
Europe ex-EMU
Giappone
Mercati emergenti
Obbligazioni
Europa
Europe core
Paesi europei periferici
Investment Grade Europa
High Yield Europa
Stati Uniti
Stati Uniti
IG Stati Uniti
HY Stati Uniti
Mercati emergenti
Debito pubblico HC
Debito pubblico LC
Valute
EUR
USD
GBP
AUD/CAD/NOK

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